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Garda Events

Garda Events (100)

The events dedicated to art, culture, lifestyle, food and wine and the territory that Radio Garda Fm , with a detailed chronicle of the facts, has chosen to follow for you. The First Radio of Lake Garda… is always in the front row.

Egea Music (Cd)

Una dichiarazione d'amore a 360 gradi, l'abbandono completo dei sensi alla mercè del sentimento assoluto come l'amore, questo trasudano le parole vergate da Gabriele D'Annunzio nella poesia "Stringiti a me", che Patrizia Cirulli ha saputo sapientemente tradurre in musicaed inserire nell'ultimo lavoro discografico "Mille Baci", arrivato in finale al Premio Tenco aggiudicandosi il Premio Lunezia.

Il video della canzone "Stringiti a me", per la regia di Ottavio Tonti, ha visto la sua naturale collocazione al Vittoriale degli Italiani, la Prioria, dimora di Gabriele D'Annunzio, le cui porte si sono aperte, in via eccezionale, per ospitare la cantautrice milanese.

Le immagini scorrono lungo le pareti entrando nelle stanze dove l'impronta di D'Annunzio sembra impregnare ogni singolo oggetto, studiato nella sua posizione proprio per destare la curiosità di chi guarda.

Sicuramente un luogo plasmato sul suo creatore, defilato ma al centro dell'attenzione, lussurioso, spudoratamente provocatorio negli intenti e nei risultati, irriverente per le altrui esigenze.

L'appassionata e coinvolgente interpretazione di Patrizia Cirulli di "Stringiti a me", è una dichiarazione d'amore che ognuno vorrebbe ricevere dalla persona amata, ma l'intento del poeta era proprio questo? Non dimentichiamo che sullo stipite della porta della stanza da letto si trova un incipit "Genio et voluptati" (al genio e al piacere)

Una casa che è un invito ad osare sempre, alla ricerca del piacere assoluto, l'uomo per l'uomo, il vivere all'ennesima potenza, non un bene comune ma l'edonismo lasciato a testimone dall'uomo D'annunzio.

Un gioco d'astuzia, nell'uso delle parole, dell'autore per concupire la prescelta? Questa è un'altra storia.

Patrizia Cirulli ha una timbrica vocale riconoscibile definita proprio da Lucio Dalla una voce "insolita e straordinaria", artista dalla poliedrica visione della musica; non disdegna l'avvicinare la musica d'autore a quella leggera nella costante ricerca della multiforme capacità delle note di dare valore alle parole.

Ultima fatica dell'artista con l’album uscito nel 2016 dal titolo "Mille Baci", vede Patrizia Cirulli cimentarsi in più ruoli da interprete a compositrice e produttrice. Gli arrangiamenti sono curati da Lele Battista.

Un progetto ardito: portare in musica composizioni poetiche firmate da grandi autori italiani ed internazionali fra cui Garcia Lorca, Frida Kahlo, Catullo, il cui testo dà il nome al disco, Eduardo De Filippo, Oscar Wile, Alda Merini e Gabriele D'Annunzio.

Alcuni fra i migliori musicisti del panorama italiano hanno contribuito alla riuscita dell'operazione, come Tony Canto, Massimo Germini, Davide Ferrario, Luigi Schiavone, Giordano Colombo e degli ospiti che hanno duettato con Patrizia Cirulli da Sergio Muñiz a Fausto Mesolella, Lele Battista, Andrea Di Cesare.

“…Tu dammi mille baci e quindi cento, poi dammene altri mille e quindi cento..quindi mille continui e quindi cento… e quanto poi saranno mille e mille, nasconderemo il loro vero numero…”

E' già musica la lettura dei versi che Catullo duemila anni fa scrisse, una dichiarazione d'amore che nella sua estrema semplicità racchiude tutto il sentimento. 

L'appuntamento del Teatro Salieri di Legnago dedicato alle "Canzoni d'Italia" ha visto il suo epilogo con Fabio Concato e il suo Open Tour 2017, accompagnato da Ornella D'Urbano - arrangiamenti, piano e tastiere, Stefano Casali - basso, Larry Tomassini - chitarre e Gabriele Palazzi - batteria.

Una chiosa che lascia il segno per la semplicità, l'ironia e il garbo di Concato e l'intima connessione stabilita fin dalle prime battute con il pubblico.

Canzoni che hanno accompagnato la vita della maggior parte del pubblico presente e quindi un viaggio nei ricordi di tutti, mantenendo una coerenza nelle atmosfere e armonie jazz, senza cadere in un dialogo elitario ma al contrario un grande senso di appartenenza con il pubblico.

L'esordio discografico nel lontano 1977 con il primo album "Storie di Sempre" di cui Concato ha proposto l'ironica "A Dean Martin". Tra gli altri brani  "Domenica Bestiale" dall'album "Fabio concato" uscito nel 1982, "Rosalina", "Ti ricordo ancora" e "Fiore di maggio" dall'album "Fabio Concato" del 1984, "051/222525" un singolo drammaticamente attuale destinato al sostegno di Telefono Azzurro, inserito poi nell'album uscito nel 1990 "Giannutri" e la coinvolgente "Gigi", dedicata al padre Luigi Piccaluga, chitarrista e autore jazz, più noto come Gigi Concato, "Tutto qua" dall'omonimo album di inediti pubblicato nel 2012 dopo 11 anni dal precedente.

Una serata conviviale, quasi una “terapia” dall'onda frenetica della vita, uno stop a ricordare i sentimenti, la poesia e l'ironia. Concato dialoga con un pubblico “amico” che accetta di buon grado l'invito, scende in platea, saluta e diventa spettatore di se stesso unendosi al coro di tutto il Teatro.

Degno di nota l'intento sociale e benefico del Teatro Salieri che ha dedicato il trittico di concerti in programma per "Canzoni d'Italia" ad altrettante associazioni legnaghesi, con l'attivo coinvolgimento degli artisti che si sono esibiti nelle tre date: Cheryl Porter con un suo omaggio a Mia Martini e Mina per l'Associazione Iride O.n.l.u.s; Ornella Vanoni nel suo suggestivo "Free Soul" per l'Associazione Colomba Bianca e Fabio Concato con il suo diario dei ricordi "Open Tour 2017" per l'Associazione San Martino O.n.l.u.s.

 

Una chiusura che ha visto registrare il tutto esaurito, premiando la programmazione del Teatro Salieri.

Reduce dal debutto mondiale al Teatro Membrives di Buenos Aires, che ha visto un sold out in tutti gli spettacoli, dal debutto della tournee europea al Teatro degli Arcimboldi di Milano, è arrivato a Verona al Teatro Ristori "Raices Tango", ideato, coreografato e interpretato dalla leggenda del tango argentino Miguel Angel Zotto affiancato dall'espressività, sensibilità e sensualità di Daiana Guspero, compagna sul palco e nella vita.

Uno spettacolo nello spettacolo che sa coinvolgere tutti i sensi, dove l'aspettativa di vedere ballare il tango argentino è stravolta dal turbillon emozionale creato da un corpo di ballo di grande spessore artistico.

"Raices Tango" è un viaggio nella storia della danza argentina che si interseca con la potenza selvaggia degli Indios del Nuovo Mondo. Uno show sui generis, che parla di amore, cultura e rispetto per ogni essere; 25 artisti, 16 ballerini e 5 musicisti, che portano in scena il folklore e la cultura indigena e Gaùcha attraverso il Tango, una mescolanza nata tra le due identità quella India e Bianca.

La danza tribale amazzonica che rivive nella storica figura di Atucà Guaranì, Figlio del Vento, l'Indio Olegui, conosciuto in tutto il mondo come coreografo, maestro di folklore e malambo. danza antichissima che mescola tango e flamenco, che rivive sul palco l'immagine dell'indio e della boleadora, la sua arma, qui rivista in forma artistica, in un incalzante crescendo accompagnato dal battere ritmico della pianta, del tallone o della punta della scarpa sul suolo dello zapateo.

Sul palco si rivive l’atmosfera delle Pampas argentine con i Gauchos, maestri delle bolas, corde o lacci di cuoio, alle cui estremità sono legate delle palle di utilizzate come arma da caccia. Un'arte tramandata da padre in figlio, una danza che esprime forza, destrezza, abilità e seduzione in un vorticoso gioco di gambe, capace di evocare, nei sui passaggi, il passo del cavallo, accompagnato dal ritmo dei tamburi in un'enfasi frenetica e ipnotica.

E poi il tango argentino, il ballo di Buenos Aires trait d'union dei compadritos, dei migranti italiani, francesi, tedeschi, russi uniti da un unico sogno e sentimento, coniugati con eleganza e sensualità nella versione contemporanea Miguel Angel Zotto, il suo massimo esponente.

Cornice di tutto lo show il pubblico, istigato al risveglio dei sensi dalle movenze degli artisti.

 

La standing ovation finale, ha suggellato un successo assoluto al Teatro Ristori.

Nell'ambito di Evoluzioni - Rassegna di danza, il Teatro Nuovo di Verona ha ospitato la compagnia di danza RBR Dance Company, fondata e diretta dai veronesi Cristiano Fagioli e Cristina Ledri, con la nuova produzione dal titolo "Indaco e gli illusionisti della danza", che ha debuttato a nel marzo 2015 ed è attualmente in tournée nazionale.

Tema di "Indaco" : il nostro pianeta, il rapporto uomo-natura e il rispetto dell'ambiente. Argomenti di forte attualità, che in questo contesto mirano alla sfera emozionale del pubblico.

Uno spettacolo studiato per il linguaggio coreutico in un mix di danza, tecnica ed effetti video speciali, infatti il coreografo Cristiano Fagioli ha scelto la collaborazione dell' Art Director Gianluca Magnoni, esperto in multimedialità.

Ad accompagnare il corpo di ballo le musiche inedite di Virginio Zoccatelli, uno dei compositori italiani più interessanti del momento, grazie al suo eccletticismo musicalee Diego Todesco, chitarrista etno - pop - jazz, con una conoscenza ad ampio spettro nella pre e post produzione musicale.

Gli ingredienti per uno spettacolo d'effetto c’erano tutti ma forse non hanno sortito al massimo gli intenti rappresentativi insiti nello spettacolo, mancanti di quegli elementi di patos che da uno spettacolo del genere ci si sarebbe aspettati, complice forse la struttura del palco?.

Qualche problema audio con la voce fuori campo, che è sembrata più didattica che coinvolgente nello sviluppo del tema in scena.

La compagnia sarà di nuovo a Verona al Teatro Alcione il 31/03/2017 e in replica il 01/04/2017 con lo spettacolo "The man" , liberamente tratto dal film "The Passion of the Christ" di Mel Gibson.

Sold Out al Teatro Nuovo con un afflusso di pubblico di tutte le età.

L'appuntamento dedicato alla musica sinfonica del Teatro Ristori di Verona ha avuto come protagonisti l' Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, direttore Eivind Gullberg Jensen con il violinista Stefan Milenkovich.

Una serata unica che inizia alle 20.30 con la straordinaria Die Hebriden (Fingal’s Höhle), op. 26 di Felix Mendelssohn-Bartholdy a seguireil Concerto per violino e orchestra in re maggiore, op. 61 di Ludwig van Beethoven sul palco insieme all’orchestra entra Stefan Milenkovich con il suo violino, riesce a far vibrare con intensità l’intero teatro. Un talento indiscusso quello Di Stefan, un enfant prodige che inizia lo studio del violino a 3 anni, a 5 inizia a suonare in orchestra e a 16 aveva già collezionato 1000 concerti.

I bis non mancano: il primo dedicato al grande Fritz Kreisler con Recitativo e scherzo, il secondo, Eugène Ysaÿe, violinista e compositore belga,con la Sonata per violino solo op. 27, n ° 2 "Jacques Thibaud", entrambi per violino solo.

Dopo l’intervallo la serata è dedicata interamente a Felix Mendelssohn-Bartholdy con Sinfonia n. 3 in la minore, op. 56 “Scozzese”, scritta dall’autore tra il 1829 e il 1842, dedicata alla regina Vittoria ed eseguita per la prima volta a Lipsia nel marzo del 1842.

Un’esecuzione magistrale quella del maestro norvegese Eivind Gullberg Jensen, classe 1972, che ha saputo dare l'impronta briosa ed estroversa all'esecuzione dell’intero concerto grazie all’orchestra l'Orchestra Haydn, nata nel 1960 su iniziativa dei Comuni e delle Province di Bolzano e di Trento con il sostegno dei finanziamenti ministeriali del Fondo unico per lo spettacolo (Fus).

Un appuntamento del Teatro Ristori che ha visto il quasi esaurito e tra cui moltissimi giovani.

Nel ricco e variegato cartellone della stagione 2016/2017 del Teatro Ristori  anche la compagnia di danza dei Pockemon Crew Dance con il loro Silence on Tourne/Ciak si Gira, ha fatto vivere al pubblico veronese un'esperienza al di fuori dei canoni classici della danza in cartellone.

I Pockemon Crew Dance non sono ultimi arrivati ma una delle compagnie hip hop tra le più blasonate al mondo, che con il loro spettacolo hanno voluto rendere omaggio al cinema musicale degli anni '30 e '40 sia nella scellta dei costumi che nella scenografia, con pochi ma essenziali richiami all'epoca.

Gli anni '30 hanno segnato la nascita del sonoro nel cinema, una vera e propria rivoluzione tanto che la commedia americana di quel periodo è definita in gergo cinematografico screwball (svitata), aggettivo che si adatta benissimo ai Pockemon Crew Dance, con la direzione artistica di Riyad Fghani, ricreando l'esplosione sonora, l'energia musicale e la poesia di quegli anni.

Un'ora intensa, nella quale il pubblico, ha rivissuto gag d'altri tempi con recitazione in mimo ripercorrendo la voglia dei emergere dei personaggi, da semplici operai di struttura alla conquista delle luci della ribalta.

Un omaggio quasi dovuto da parte parte del gruppo guidato da Riyad Fghani, formatosi alla fine degli anni novanta sul piazzale antistante all' Opera di Lione, città che nel 1895 ha dato vita al cinema dei Fratelli Lumière.

Un altro successo della stagione 2016/2017 del Teatro Ristori guidato dal direttore artistico Alberto Martini.

Direzione  Artistica:  Riyad Fghani

Assistente alla direzione artistica: Abdelhafid Sour

Interpreti:

Mehdi Meziane, Farès Baliouz, Livio Bordeau, Patrick M’Bala, Moncef Zebiri, Abdelhafid Sour, Nagueye Mahmoud, Riyad Fghani

Coreografia: Riyad Fghani

Assistente alla coreografia: Abdelhafid Sour

Creazione  Musicale: Alexis Roure «Psykot»

Creazione Scene e  Luci: Arnaud Carlet

Costumi: Nadine Chabannier

Produzione: Association Qui fait ça? Kiffer ça!

Co-produzione: Cie Pockemon Crew, Théâtre de Suresnes Jean Vilar

Con il sostegno di: Région Rhone-Alpes, Opéra National de Lyon, Centre Chorégraphique de Bron/Pôle Pok, Maison des Essarts, MJC Laennec Mermoz, CNN de Rillieux-la-Pape e la Maison de la Danse de Lyon

Tradizionale appuntamento quello del concerto di Capodanno, che, oltre ai melomani, ha la capacità di attirare l'attenzione anche del pubblico meno avvezzo. 

Una consuetudine ormai consolidata come mangiare le lenticchie o i chicchi d'uva, simbolo dell'abbondanza e del denaro, i fichi secchi e i datteri, a simboleggiare dolcezza e vita, così  il concerto di Capodanno è il "la" al nuovo anno.

E' così che il maestro Alberto Martini, direttore artistico del Teatro Ristori, inaugura un nuovo appuntamento con la tradizione per i veronesi: un grande concerto di Capodanno in perfetto stile viennese.

Sul palco del Teatro Ristori l'Ukrainian Radio Symphony Orchestra di Kiev con  Volodymyr Sheiko, che dal luglio 2005 è direttore principale e direttore artistico. 

Il biglietto da visita dell'Orchestra Sinfonica della Radio Nazionale Ucraina (OSRNU) è di tutto rispetto, vanta 85 anni di attività con tournée di successo all'estero sotto la direzione dei più importanti direttori russi da O.Klimov a G.Rozhdestvenskiy all'attuale V.SheikoKappelmeister all’Opera Nazionale di Kiev si è perfezionato al Teatro Bolshoj di Mosca sotto la guida di Fuat Mansurov 

L'intensa e pluriennale attività istituzionale e oltre confine, mirata alla valorizzazione delle tradizioni musicali dell'Europa orientale, con un archivio di più di diecimila incisioni registrate a Kiev in uno dei più grandi studi di registrazioni europei, ha permesso all'OSRNU di essere considerata la migliore compagine strumentale dell'Ucraina.

Festeggiare il primo dell'anno con l'Orchestra Sinfonica della Radio Nazionale Ucraina, ha entusiasmato il Teatro Ristori al completo; il repertorio, la timbrica, il colore sono stati rispettati e le gag tra il direttore Volodymyr Sheiko e gli orchestrali, hanno trasportato il pubblico in una atmosfera in perfetto stile mitteleuropeo, conclusa con un "tutti in piedi", battito di mani compreso, e la classica"Radetzky-Marsch".

A conclusione del concerto un bridisi ben augurale al nuovo anno offerto nella sala bar del teatro.

Prosit al Ristori e al suo direttore artistico maestro Alberto Martini.

Il programma:  

I PARTE

Gioachino Rossini: Sinfonia da “Semiramide”

Franz Von Suppé:  Sinfonia da “Poeta e contadino”

Johann Strauss jr: “Lagunen-Walzer” op.411 (Valzer degli Amici)

Johann Strauss jr: Ouverture da “Die Fledermaus” (Il Pipistrello)

II PARTE

Johann Strauss jr: “Wein, Weib und Gesang !”  op.333 (Vino, Donne e Canto !)

Johann Strauss jr: “Spanischer Marsch” op.433 (Marcia Spagnola)

Johann Strauss jr: “Neue Pizzicato Polka”  op.449

Johann Strauss jr: "Kaiser-Walzer” op.437 (Valzer dell’Imperatore)

Johann Strauss jr: “Im Krapfenwald’ polka op. 336 (Nel bosco di Krapfen)

Johann Strauss jr: “Tritsch-Tratsch Polka” op. 214

Johann Strauss jr: “An der schönen blauen Donau”  valzer op. 314 (Sul bel Danubio blu)

Fuori programma: Leroy Anderson "The Typewriter" e Johann Strauss sr "Radetzky-Marsch" 

 

Friday, 16 December 2016 00:00

ENTUSIASMANTE MARCO PAOLINI AL TEATRO NUOVO

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Il Grande Teatro, la rassegna invernale di prosa del Teatro Nuovo di Verona, ha come fulcro la ricerca del best of  tra attori e registi del panorama teatrale italiano, riscuotendo sempre, un ampio consenso del pubblico veronese.

 

Il programma della stagione 2016-2017 ha mantenuto la mission, portando sul palcoscenico anche il nuovo spettacolo di Marco Paolini, "Studio per un nuovo Album - Numero Primo", con Marco Paolini, testi di Gianfranco Bettin e Marco Paolini prodotto da Jolefilm.

 

Paolini pensa al futuro e lo immagina relativamente prossimo. L'uomo, inteso come razza umana, alle prese con la tecnologia e al suo continium evolutivo, tanto veloce da inglobare l’intero essere. Così come l'animale selvatico affamato, timoroso si avvicina alla mano che gli porge il cibo, anche l'uomo è talmente affascinato dalla tecnologia da rompere quel muro di diffidenza verso di essa, tanto da diventarne parte senza accorgersene. 

 

La complessità dell'argomento è resa fruibile dai due coautori, Paolini e Bettin, portando il pubblico a porsi delle domande su quanto la tecnologia sia ormai parte della quotidianità e soprattutto fino a che punto l'essere umano sarebbe disposto ad arrivare per far si che la tecnologia evolva sino alla modificazione genetica.

 

Un palcoscenico minimalista: uno schermo, una sedia.

 

Il protagonista, voce narrante e unico interprete Ettore Achille, Marco Paolini, vive una relazione in rete con una donna, Hechnè, che senza mai averla “vista” gli donerà un figlio sul letto di morte. Dopo il primo momento di smarrimento, Ettore Achille accetta l’adozione con un atto notarile per via telematica, in questo caso, il contesto riproduttivo naturale passa secondo piano, diventando padre di un bambino di 5 anni, che pretende di essere chiamato “Numero Primo”.

 

Il luogo deputato per l'incontro tra padre e figlio è la giostra delle tazze rotanti del parco divertimenti Gardaland, forse a simboleggiare la perdita di ogni punto di riferimento.

 

Da quel momento inizia un viaggio surreale dei due protagonisti, nel quale la straordinaria capacità attoriale di Marco Paolini, è tale da coinvolgere lo spettatore in un continuo spazio-temporale, senza soluzioni di continuità.

 

Due ore nelle quali Paolini comunica con il pubblico, pur narrando una storia. Parla di una capra, di Porto Marghera e della fabbrica di neve artificiale, di una scuola la Steve Jobs iper tecnologica, nella quale i genitori sono costantemente collegati in diretta con ciò che avviene in aula. Parla anche della sfida aperta tra l'uomo e la natura, dei sentimenti e delle emozioni di cui l’uomo non riesce a fare a meno. 

 

Lo spettacolo, come dice il titolo, è uno studio e Paolini lascia aperto il finale a possibili modifiche durante le sue repliche.

 

Marco Paolini e Gianfranco Bettin, sono partiti da alcune domande: Qual è il rapporto di ciascuno di noi con l’evoluzione delle tecnologie? Quanto tempo della nostra vita esse occupano? Quanto ci interessa sapere di loro? Quali domande ci poniamo e quali invece no a proposito del ritmo di adeguamento che ci impongono per stare al loro passo? Quanto sottile è il confine tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale? Se c’è una direzione c’è anche una destinazione di tutto questo movimento?

 

Sono arrivati alla fine? No perchè la fine è il domani……

 

Quello che è sicuro è il successo, uno spettacolo che ha visto il Teatro Nuovo esaurito a ogni replica.

 

 

Il secondo appuntamento della rassegna “Italian Jazz” del Teatro Ristori ha registrato il tutto esaurito per il duo “Musica Nuda” composto da Petra Magoni voce, e Ferruccio Spinetti, contrabbasso.

Un progetto non progetto quello di Musica Nuda; una collaborazione fortuita, nata nel 2003 e che doveva durare solo per due mini-tour in alcuni club nella Toscana di Petra Magoni, si è trasformata invece in un sodalizio che vede i due artisti impegnati in un’intensa attività concertistica ormai da dodici anni.

Il repertorio di “Musica Nuda”, che prende il nome dal primo albumassemblato nel giro di qualche settima e registrato quasi per gioco in una giornata, include cover di famose canzoni non necessariamente jazz, riviste nell’ essenzialità di voce e contrabbasso ma con una chiave così attuale ed una tale irruenza ritmica da rendere  l’ascolto mai scontato.

 

Petra Magoni e Ferruccio Spinetti un gioco di coppia perfetto, dalla maestria vocale di Petra, formazione classica con incursioni nella musica “antica”, nel mondo del rock, del pop e del jazz, alla bravura di Ferruccio, già contrabbassista degli Avion Travel.

La voce di Petra Mangoni porta il pubblico nel suo mondo, non è un semplice coinvolgimento, che potrebbe essere aiutato dai brani famosi eseguiti, ma è proprio un gioco ipnotico di sonorità e impatto fisico che la cantante sa trasmettere.

Musica Nuda ha collezionato riconoscimenti prestigiosi vantando nel proprio palmarès la “Targa Tenco 2006” nella categoria interpreti, il premio per “Miglior Tour” al Mei di Faenza 2006 e “Les quatre clés de Télérama” in Francia nel 2007.

 

Un cartellone, quello del Teatro Ristori, tutto da scoprire, che ad ogni appuntamento conferma quanto il suo direttore artistico Alberto Martini punti al coinvolgimento di un target sempre più giovane e diversificato.

Nel cartellone della stagione jazz 2016/2017 del Teatro Ristori non poteva mancare l’appuntamento con il Fabrizio Bosso quartet, nella formazione che ha visto: Fabrizio Bosso alla tromba, Julian Oliver Mazzariello al pianoforte, Jacopo Ferrazza al contrabbasso e Nicola Angelucci alla batteria.

Il quartetto ha dimostrato da subito il grande affiatamento e le note della tromba di Fabrizio Bosso hanno riempito il teatro trasportando il pubblico nel mood della serata.

Un bop  caratteristico quello di Bosso, con attacchi velocissimi e ritmi serrati, che hanno dato vita a una esecuzione variegata, spaziando da brani originali dello stessoa incursioni nella tradizione jazzistica.

Uno swing, quello di Bosso, che ha impressionato fin dagli esordi, arricchito ora dalla maturità artistica e dalla capacità di muoversi in più direzioni, partecipando a omaggi dei grandi della storia del jazz come Miles Davis e Don Cherry sinomisurarsi con Nino Rota percorrendo “sentieri musicali” diversi come Antonello Salis e Luciano Biondini.

La sua tromba si avvicina ovunque ci sia sapore di jazz collaborando con Mario Biondi, Fabio Concato, Simona Molinari, Sergio Cammariere e molti altri.

Teatro Ristori ha registratoil tutto esaurito da un pubblico che ha saputo scaldare con entusiasmo e passione la natura del live. Forse è mancata la complicità tra palco e spettatori per rendere ancora più perfetta la serata, ma è un surplus al tutto.

 

Un altro successo della nuova stagione del Teatro Ristori, capitanata dal neo direttore artistico il maestro Alberto Martini, che conferma una visone inedita del famoso “palco” veronese.   

 

In occasione del centenario della morte di Umberto Boccioni (1882 - 1916) dal 05 novembre 2016 al 19 febbraio 2017 al Mart di Rovereto è possibile ammirare la seconda tappa della mostra dedicata al padre della pittura futurista.

 

Un progetto culturale nato dalla collaborazione tra Mart e Comune di Milano, che ha ospitato la prima tappa a Palazzo Reale dal 23 marzo al 10 luglio 2016.

 

La mostra non poteva avere un vestito più su misura se non quello fornito dagli ampi spazi del Mart, riconosciuto, grazie alle collezioni presenti, agli archivi storici e la Casa d'Arte Futurista Depero, la sede del futurismo.

 

Oltre 180 opere e documenti inediti riferiti all' artista rinvenuti presso la Biblioteca Civica di Verona,  suddivise in cinque sezioni intitolate: Atlante, Sogno simbolista, Veneriamo la Madre, Fusione di una testa con il suo ambiente, Dinamismi.

 

Le prime sale dell'Atlante e i Diari sono dedicate alla memoria, una vera e propria introduzione e ambientazione del visitatore che inizia il percorso della mostra. Dopo la prima sala ricca di documenti e richiami alla società dell'epoca, nella seconda si ha già la sensazione di entrare nell'intimità dell'artista, con ritratti di amici e conoscenti e con i primi studi sulla scomposizione di un'immagine per renderne la dinamicità.

 

Nella sala Sogno simbolista, opere di artisti come Balla, Previati, Bistolfi, Fornara, Romolo Romani, Rops, Redon e altri, vengono messe in rapporto con l'attività artistica di Boccioni, un viaggio dal Divisionismo al Futurismo in poco più di un decennio dal 1903 al 1916.

 

La centralità della mostra è dedicata alla sala Veneriamo la Madre, la cui protagonista è appunto la figura della madre dell'artista, Cecilia Forlani. Bellissimo il Nudo di spalle (1911). Ciò che più risalta però non è il riproporsi del soggetto, ma il passaggio compiuto da Boccioni dallo studio della scomposizione del colore divisionista alla scomposizione della forma, fino ad arrivare alla visione futuristica con la fusione tra soggetto, luce e ambiente.

 

L'11 aprile 1912 Boccioni pubblica il Manifesto tecnico della scultura futurista, nel quale l'artista scrive "La cosa che si crea non è che il ponte tra l'infinito plastico esteriore e l'infinito plastico interiore, quindi gli oggetti non finiscono mai e si intersecano con infinite combinazioni di simpatia e urti di avversione"

 

E' proprio nell'ultima sala intitolata “Dinamismi”, che si arriva al culmine della ricerca di Boccioni, nella quale si può ammirare la più celebrativa delle opere, la scultura: Forme uniche della continuità nello spazio.

 

Un viaggio quello di Boccioni che ha segnato profondamente un periodo, rompendo e andando contro l'arte antica e contro il passatismo.

 

 

Un successo per il Mart, che ha saputo coinvolgere il visitatore in un viaggio, non è tanto nella visione delle opere di Boccioni, ma proprio nel far comprendere l'evoluzione del pensiero dell'artista, portando la visione del visitatore all'interno dell'opera.

L'appuntamento ormai consolidato con la 12a  edizione di Art VeronaArt Poject Fair  tenutasi nei padiglioni n.11 e 12 di Veronafiere, ha dato vita a una 4 giorni ricca di iniziative, volte al rafforzamento del dialogo tra arte moderna e contoporanea, con una selezione ancora più curata delle 120 gallerie partecipanti e uno sguardo particolare al collezionismo ed al talent scouting.

 L'impegno in continuo divenire di ArtVeronaArt Poject Fair  nel promuovere il sistema dell'arte, ha visto la sua concretezza nei 190mila euro, tra premi e fondi di acquisizione messi a disposizione a sostegno e investimento per l'arte moderna e contemporanea. Main partner che via via  nel tempo hanno dato fiducia alla manifestanzione, in primis la Fondazione Domus per l'arte moderna e contemporanea, che dal 2014 promuove il Fondo Acquisizioni Domus del valore di 100mila euro, hanno visto crescre con soddisfazione la manifestazione divenuta ormai un punto di riferimento per collezionisti, critici, giornalisti, curatori e direttori di musei.

 

ArtVerona è l'unica fiera italiana con un Fondo Privato Acquisizioni, nato nel 2015, che ha visto coivolti imprenditori e collezionisti, a sostegno delle gallerie italiane, di cui hanno giovato anche le istituzioni museali.

 

"Sotto la direzione artistica di Andrea Bruciati e forte della partnership con ANGAMC - Associazione Nazionale Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea, la manifestazione, riconosciuta tra le realtà più vivaci e innovative del settore, concentra le sue azioni nell'attenzione e cura ai suoi principali interlocutori, espositori e collezionisti."

Un programma denso di incontri e appuntamenti ha mostrato quanto il dibattito nel settore dell'arte sia vivo e aperto alle nuove prospettive.

La manifestazione ha dato ampio respiro alle gallerie partecipanti suddivise nella Sezione Moderna e Contemporanea, Raw Zone, area che ospita 12 progetti monografici, alla nuova Tangram dedicata in particolar modo al supporto delle giovani gallerie di ricerca, oltre agli spazi indipendenti, il cui tema principe è la condivisione.

 

Un successo per una manifestazione in continua crescita e soprattutto aperta nella ricerca di quel connubbio culturare non impossibile fra arte e impresa.

La XXV Edizione de "Il Settembre dell'Accademia 2016" ha ospitato, al Teatro Filarmonico,  l'Orchestra della Fondazione Arena diretta dal maestro Francesco Ommassini con al pianoforte il diciottenne canadese Jan Lisiecki, definito dal New York Times "un pianista che riesce a rendere importante ogni nota".

Il programma ha visto l'esecuzione di una sinfonia dall'opera "Il turco in Italia" di Gioacchino Rossini (1792 - 1868), del "concerto per pianoforte e orchestra n.1 in Mi minore Op.11" - I.Allegro mestoso, II.Romanza.Larghetto, III. Rondò. Vivace di Fryderyk Chopin (1810 - 1849) e la "sinfonia n.4 in Fa minore Op.36" - I.Andante sostenuto - Moderato con anima, II.Andantino in modo di canzona, III. Scherzo (Pizzicato ostinato). Allegro - Meno mosso - Tempo I, IV. Finale. Allegro con fuoco di Pëtr Il'ič Čajkovskij(1840 - 1893).

L'esecuzione impeccabile dei maestri dell'orchestra areniana  guidati dalla Bacchetta versatile di Francesco Ommassini hanno reso omaggio alle opere in programma. Jan Lisiecki, il giovane pianista canadese e grande promessa pianistica, contrattualizzato dalla Deutsche Grammophon a soli 16 anni per la pubblicazione del suo primo album “Piano Concertos No. 1 and No. 2, Fryderyk Chopin, ha regalato al pubblico del Filarmonico un concerto per pianoforte, in un'esecuzione matura e mai sopra le righe. Contenuta ma aperta a momenti intensi e altri più leggeri dedicando un bis a Schumann con Op. 15, No. 7 (Träumerei) 

La rassegna di quest’anno al “Filarmonico”, vista la programmazione, rinnova il successo di pubblico un tutto esaurito.

 

I prossimi appuntamenti:

Martedì 4 ottobre

ALEXANDER LONQUICH

pianoforte

R. Schumann, F. Chopin

Venerdì 7 ottobre

MAHLER CHAMBER ORCHESTRA

Daniel Harding direttore

W.A. Mozart 

Nel suggestivo scenario del Teatro Romano, l'edizione 2016 dell' Estate Teatrale Veronese ha ospitato, quindici anni dopo la prima europea, andata in scena proprio sullo stesso palco, Moses Pendleton e i Momix con la riproposizione della pièce Opus Cactus, in replica fino al 06 agosto.

Creato originariamente da Pendleton come un pezzo della durata di venti minuti per l'Arizona Ballet, Opus Cactus è stato via via rielaborato ed ampliato, per arrivare ad essere un lavoro più complesso e opera a se stante.

Tema del balletto è la natura nel suo insieme. Ambientato nel deserto del Sudovest americano, Pendleton e i Momix hanno saputo rappresentare con suggestivi giochi di luce, ideati da Joshua Starbuck, immagini dinamiche, create dal corpo di ballo, con costumi disegnati ad arte da Phoebe Katzin, lucertole, serpenti del deserto, scorpioni, riti tribali sotto giganteschi totem, varietà di flora tipica del deserto, come i cactus o i  cespugli che, sospinti dal vento rotolano nel deserto, tipici delle inquadrature dei film western, oppure fiori/foglie che volteggiano nell'aria.

Il tutto accompagnato da musiche e ritmi che evocano scene ancestrali, "da Bach a Brian Eno (The drop), dai Dead can Dance (The serpent’s egg) a Peter Buffet (Spirit Dance), da danze tribali degli indiani d’America a brani di altre culture "desertiche" come quella degli aborigeni australiani", lasciando il pubblico rapito.

Un susseguirsi temporale dall'alba al tramonto, dal sole alla pioggia, dal cuore al cervello, un continuum spazio temporale che trasporta il pubblico in un viaggio illusionistico nell'anima, in poetiche trasposizioni a ogni cambio di quadro.

Meraviglioso l'inedito omaggio dei Momix a Shakespeare, di cui ricorrono i 400 anni dalla morte, in apertura di serata, con un balletto dedicato a Romeo e Giuletta, rappresentando sul palco lo struggente amore dei due protagonisti nella scena che li ha uniti per sempre.

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