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I soli di basso sono sempre noiosi”, tranne l’intro solitario di Max Gazzè al concerto di ieri sera, fatto di note sparse ed effetti ruggenti come sgasi di un biker che mette in moto il suo bolide, pronto a far partire il motore (del concerto) per una nuova avventura.

 

Partono così "Favola di Adamo ed Eva" e "I tuoi maledettissimi impegni": il numero di giri presto sale, la cassa spinge e rimbomba nella pancia, il ritmo prende e già si balla dalla seconda canzone.

 

Il “Maximilian Tour” in due ore di spettacolo, completo di luci e colori, riattraversa il repertorio di una vita, canzoni che oramai fanno parte a pieno titolo della cultura popolare italiana. 

 

Nei brani dell’artista romano pulsano almeno due cuori: la musica di Max e la poesia del fratello Francesco Gazzè, che da sempre cura i testi, tanto preziosi.

 

 

Max Gazzè si impone per statura ma soprattutto per esperienza e classe: una lunga carriera e un’innata sensibilità lo hanno reso un artista completo e maturo. 

 

Se la prima parte del concerto è marcatamente “dance”, a metà il cantautore chiama affianco a sé i componenti della band per una versione acustica di alcuni brani. Ecco al centro del palco quindi:

Cristiano Micalizzi, batterista

Clemente Ferrari, tastierista, ora alla fisarmonica

Francesco De Nigris, alla chitarra acustica

Max Dedo, a chitarra e trombone

tutti equilibrati e meritevoli.

 

Dopo i panorami acustici de "Il timido ubriaco", "L’uomo più furbo", "Mentre dormi", "Cara Valentina", il viaggio riprende con "L’amore non esiste", scritta a sei mani con Niccolò Fabi e Daniele Silvestri, "A cuore scalzo"e "Sotto casa"...

 

Dopo l’estate italiana il motore di Max Gazzè scatenerà i cavalli di potenza all’estero: il tour proseguirà a Montreal, Toronto, Chicago, New York, Boston, Miami, Los Angeles, Tokio e Shanghai

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Il palco del Teatro Ristori ha ospitato per la rassegna Verona Jazz Winter 2016 due brillanti talenti del jazz italiano: Enrico Zanisi trio con Enrico Zanisi al piano, Joe Rehmer al contrabbasso e Alessandro Paternesi alla batteria ed al sax Mattia Cigalini.


Il feeling tangibile dei due jazzisti, ha da subito introdotto il pubblico nel mondo del jazz contemporaneo, dimostrando il connubio musicale dei due interpreti. Forse uno stile jazz non immediatamente comprensibile all'orecchio dei meno avezzi, ma la complicità dei musicisti sul palco ha reso possibile anche questo.

Quando la musica è espressione di un'idea, tutto sembra più facile e la bravura dei musicisti è stata quella di proporre un repertorio, sicuramente non per tutti, ma riconoscibile e spunto all'ascolto di un jazz contemporaneo e in evoluzione, ma con un certo gusto classico.

La collaborazione fra Enrico Zanisi e Mattia Cigalini ha visto il suo concretizzarsi con la pubblicazione nel 2015 dell'album "Right now" per la CAM Jazz.

Altro successo dell'organizzazione  del Teatro Ristori e del suo direttore Angelo Curtolo, sempre attento alle nuovi talenti del jazz.

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Nella serata di giovedì 11 febbraio, per la rassegna Verona Jazz Winter 2016, sul palco del Teatro Ristori di Verona, è andata in scena un estratto della ricca produzione musicale della favolosa Broadway.

Interpreti dell’originale kermesse, la soprano Madelyn Renée e il baritono Stephonne Smith accompagnati da un quartetto di d'eccezione: Enrico Pesce al pianoforte, Cristiano Tibaldi al sax, clarinetto e tromba, Enrico Ciampini al contrabbasso e Alberto Parone alla batteria.

"My Favorite Things" il brano di Richard Rodgers da “The sound of Music”, in Italia più conosciuto come “Le cose che piacciono a me” ,nella versione cinematografica cantata/doppiata da Tina Centi di “Tutti insieme appassionatamente”, è stato scelto dal duo vocale per l’apertura della serata. 

Una Renée più rilassata ha dato vita subito al brano, mentre Smith ha impiegato un po’di più ad entrare nel clima della serata. Interessante e apprezzato l’incipit letto ad ogni inizio pezzo dalla soprano, con un riassunto le vicende legate ai brani interpretati.   

Il secondo e il terzo brano sono stati dedicati a Jerome Kern, "Ol’ Man River", cantato dal solo Smith e "Can’t Help Lovin’ Dat Man", da Renée entrambi tratti da “Showboat”. La voce profonda del baritono e la musica hanno subito riportato l’immaginario alla navigazione sul fiume Mississippi della showboat Cotton Blossom, realmente esistita, da cui è poi stata tratta la vicenda narrata appunto nel musical omonimo. 

"Oh What a Beautiful Mornin’" e "People Will Say We’re in Love" di Richard Rodgers, brani tratti da “Oklahoma!”, hanno trasportato il pubblico in un viaggio ideale nelle praterie americane con il classico triangolo amoroso del “buon”, “del cattivo” e della “ragazza al buono”. A seguire "So in love" di Cole Porter, brano tratto dalla spumeggiante commedia musicale “Kiss Me, Kate”.

La prima parte dello spettacolo è stata chiusa con "Anything You Can Do" di Irving Berlin da “Annie Get Your Gun”. Piacevole e riuscita interpretazione della coppia che ha giocato sulla recitazione dei rispettivi ruoli, creando un’atmosfera divertente, strappando sorrisi per un duello tutto a suon di note.

Poi a seguire "Some Enchanted Evening" e "A Cocheyed Optimist" di Richard Rodgers, tratti da “South Pacific”, un musical basato su una storia di pregiudizi più attuale che mai, e "I Could Have Danced All Night" di Frederick Loewe, tratto da “My Fair Lady”.

Un omaggio anche a Billy Strayhorn, spalla di Duke Ellington, con "Take the train", tratto da “Sophisticated Ladies”, "If I Loved You" di Richard Rodgers, da “Carousel” e la bellissima "Tonight" di Leonard Bernstein da “West Side Story”, hanno chiuso questa serata che ha fatto respirare un po’ di aria di Broadway al pubblico presente.

Una bella iniziativa, che conferma l’impegno dell’organizzazione del Teatro Ristori a proporre una ventata di originalità tra il jazz e la lirica.

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Il 30 gennaio 2016 al Teatro Ristori di Verona ha preso il via la stagione invernale del celebre Verona Jazz, che durante il periodo estivo accoglie, nei meravigliosi palcoscenici all'aperto di Verona, le grandi star del jazz mondiale.

Il cartellone di Verona Jazz Winter Festival, nato da una collaborazione tra Fondazione Cariverona - Teatro Ristori e il Comune di Verona, ha visto una entree d'eccezione con il pianista Vijay Iyer definito nel 2010, da Franco Fayenz sul Sole-24Ore, "il miglior pianista jazz non ancora quarantenne".

Il concerto solo piano, forse non ha saputo creare a pieno quella commistione di sensazioni e percezioni che il pubblico del teatro ristori si sarebbe aspettato. L'esecuzione da manuale ha strappato applausi, senza trasmettere però quell'impeto che la musica jazz sa dare.

Le emozioni rarefatte, quasi che l'esecuzione fosse destinata a pochi tecnicisti e non invece veicolata ad un pubblico attento alla musica e al genere.

Nella corposa attività concertistica di Vijay Iyer il solo piano ha visto l'incisione di un unico disco, pubblicato nel 2010 dalla ACT, e dal titolo "Solo".

Vijay Iyer ha eseguito brani di cui è autore e alcuni dei suoi "ideali maestri" come Thelonius Monk, Duke Ellington,Andrew Hill, Randy Weston.

Sette sono le note infiniti i modi per utilizzarle, forse al pianoforte di Vijay Iyer manca ancora l’ottava nota?

Come sempre ineccepibile l’organizzazione del Teatro Ristori

Scaletta

-WORK (Thelonious Monk)

-LIBRA (Vijay Iyer)

-SPELLBOUND & SACROSANT…(Vijay Iyer)

-SIETE OCHO (Andrew Hill)

-GOLDEN SUNSET (Andrew Hill)

-SMOKESTACK (Andrew Hill)

-ACCUMULATED GESTURES (Vijay Iyer)

-SUITE FOR TRAYVON (I) SLIMM (Vijay Iyer)

-SUITE FOR TRAYVON (II) FALLACIES (Vijay Iyer)

-SUITE FOR TRAYVON (III) ADAGIO (Vijay Iyer)

-ONE FOR BLOUNT (Vijay Iyer)

-REMEMBRANCE (Vijay Iyer)

 

 

 

 

 

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Domenica pomeriggio la Fondazione Arena in collaborazione con Opera Futura e i Solisti dell’Accademia del Teatro alla Scala di Milano, hanno presentato un eccezionale allestimento per La Cenerentola, il melodramma giocoso in due atti di Gioachino Rossini.

La regia e le luci, che portano la firma di Paolo Panizza, le scene di Franco Armieri e i costumi di Valerio Maggioni hanno saputo ricreare un’atmosfera fiabesca, quasi onirica in sospeso tra Marie Antoinette e il Surrealismo.

 

Infatti questo allestimento, nato per il Pafos Aphrodite Festival 2015, cerca di riproporre la favola immortale nella sua versione più pura e fiabesca. “Mi sono lasciato andare più all’aspetto favolistico e alle mille geniali e divertenti sfumature della musica rossiniana che non alla satira sociale o al buonismo religioso – spiega il regista Paolo Panizza – con l’intento di regalare due ore davvero spensierate e divertenti. Lasciamo la parola alla musica e al canto per sognare e togliamola a chi la usa per seminare odio e discriminazione. Se l’Uomo è stato in grado di scrivere capolavori come questo, veri e propri inni alla gioia e alla vita, non dobbiamo perdere la speranza, ma ritrovare e coltivare quell’Uomo fatto di Arte, Musica e Cultura”.

 

Infatti sono state realmente due ore di puro divertimento anche grazie alle sorprendenti interpretazioni del cast che vede tra i protagonisti i solisti dell’Accademia del Teatro alla Scala di Milano diretti dal Maestro Sebastiano Rolli.

Aya Wakizono nel ruolo di Angelina-Cenerentola che ha saputo trasmettere la purezza che caratterizzano questo personaggio; nel ruolo di Don Ramiro il principe, per la Prima si è esibito Pietro Adaini, mentre il 2 febbraio sarà in scena Giovanni Sebastiano Sala.

 

Nel ruolo di Dandini, il servo che si traveste da principe, si può godere della brillante interpretazione di Modestas Sedlevičius mentre ad interpretare Don Magnifico il patrigno, una delle figure più comiche di questo melodramma, è Giovanni Romeo con Cecilia Lee eChiara Tirotta vestono i panni delle sorellastre Clorinda e Tisbe, queste caratterizzate da un forte senso della comicità.

 

Infine Simon Lim interpreta Alidoro, il maestro del principe nonché colui che sostituisce la figura della fata, una sorta di angelo dalla grande profondità morale.

 

Apprezzabile il lavoro svolto dal coreografo Lino Villa e dal corpo di ballo dell’Arena di Verona che hanno saputo rendere dinamiche alcune scene che altrimenti sarebbero risultate statiche,

Un allestimento che vale la pena di vedere per l’abilità registica che ha saputo esprimere Paolo Panizza, che riesce a far sognare anche chi non è più un bambino.

 

 

Dramma giocoso in due atti di Gioachino Rossini

Libretto di Jacopo Ferretti

        Direttore d’orchestra Sebastiano Rolli

        Regia e luci Paolo Panizza

        Scene Franco Armieri

        Costumi Valerio Maggioni

        Coreografia Lino Villa

        Maestro del Coro Vito Lombardi

        Direttore del Corpo di Ballo Renato Zanella

        Direttore allestimenti scenici Giuseppe De Filippi Venezia

        Allestimento della Fondazione Arena di Verona in collaborazione con Opera Futura

        ORCHESTRA, CORO, CORPO DI BALLO E TECNICI DELL’ARENA DI VERONA

         

        * Solisti dell’Accademia del Teatro alla Scala di Milano

        DON RAMIRO, PRINCIPE DI SALERNO Pietro Adaini (31/1 - 4, 7/2)Giovanni Sebastiano Sala (2/2)*

        DANDINI, SUO CAMERIERE Modestas Sedlevicius*

        DON MAGNIFICO, BARONE DI MONTE FIASCONE Giovanni Romeo*

        CLORINDA Cecilia Lee*

        TISBE Chiara Tirotta*

        ANGELINA, CENERENTOLA Aya Wakizono*

        ALIDORO, FILOSOFO, MAESTRO DI DON RAMIRO Simon Lim

         

Repliche: martedì 2 febbraio ore 19.00, giovedì 4 febbraio ore 20.30 e domenica 7 febbraio ore 15.30.

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Wednesday, 27 January 2016 15:23

VINCE TEMPERA E I SUOI AMICI @ FONDERIA APERTA

Il teatro Fonderia aperta a Verona è un riuscitissimo esempio di recupero e riuso architettonico che ha trasformato la fonderia didattica di un tempo nella fucina di arte che oggi accoglie le più diverse forme di espressione.

Con lo spettacolo Musica e racconti del cinema italiano si è aperta la rassegna Vince Tempera e i suoi amici, un ciclo di serate organizzato dall’associazione ReLOVEution per rivivere alcuni capitoli della cultura italiana attraverso il racconto del celebre compositore.

Tempera ha aperto e chiuso la narrazione con La Strada di Fellini, metà anni '50, perché nel Vince bambino di allora, catturato dalle musiche di Nino Rota, riconosce la nascita del suo sogno: scrivere le musiche per i film. La presa di coscienza di questa aspirazione lo motiverà nello studio e sarà il germe di una carriera lunga l'arco di una vita.

156 posti a sedere e nessuna barriera con il palcoscenico: la scena è intima e adatta al format ideato da Vince Tempera con gli attori Roberto Totola e Marina Furlani, in cui il filo narrativo si snoda colloquiale e infila le perle della storia del cinema, alternandone le colonne sonore, eseguite al pianoforte, con la recitazione dal vivo delle scene più memorabili.

Una dopo l'altra hanno ripreso vita la suspense e l’ironia di Metti una sera a cena, la tensione di Profondo rosso, la drammaticità de Il postino, Malafemmena, Anonimo veneziano, e poi ancora i capolavori di Nino Rota per Il padrino e Giulietta e Romeo, senza dimenticare Giù la testa (regia di Sergio Leone, musiche di Ennio Morricone) e pezzi più curiosi del cinema italiano come La ballata di Fantozzi (“Barba e Bidet”…) firmata da Vince Tempera e cantata dallo stesso Paolo Villaggio.

Un film è un'opera completa e la colonna sonora ne è parte integrante: lo colora, lo caratterizza, lo rende indimenticabile. A pensarci, nemmeno il cinema muto lo fu mai per davvero. Fin dalle origini, prima ancora dell'avvento dei dialoghi, era previsto un accompagnamento musicale. Tutto questo, il Maestro lo sintetizza così: "In un film, la musica dice ciò che non si dice e mostra ciò che non si vede".

Il prossimo appuntamento con Vince Tempera vedrà la partecipazione di Flaco Biondini in un concerto in acustico del repertorio di Francesco Guccini.

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La 117^ Fiera internazionale dei cavalli è oramai un appuntamento consolidato per gli amanti dell’ippica e non solo.

Un'occasione di incontro per gli operatori e di confronto per gli appassionati, l’obbiettivo di Fieracavalli è sicuramente quello di enfatizzare l'affinità tra uomo e animale, non necessariamente legata alla pratica dello sport.

Il mondo del cavallo è molto variegato e questo lo si è notato visitando i vari padiglioni della Fiera; un viaggio fra i cow-boy americani nel Westernshow, con il meglio delle gare di monta western fra le quali Stock Performance in particolare:

Team Penning: entro un minuto e mezzo tre binomi (cavallo e cavaliere), facenti parte di una stessa squadra, devono separare tre vitelli contrassegnati dallo stesso numero e portarli all'interno di un recinto situato in fondo all'arena; vince la squadra che nel minor tempo possibile riesce a mettere i tre i vitelli contrassegnati con lo stesso numero nel recinto.

Cutting: il binomio entra nella mandria e separa un vitello portandolo al centro della parte libera dell'arena, a questo punto il cavaliere lasciando in totale libertà di movimento il cavallo, che deve dimostrare il suo innato cow-sence tendendo il vitello scelto separato dalla mandria. In questo tipo di gara esistono anche quattro tour-back, che hanno il compito di aiutare il binomio nel lavoro e sono posti ai quattro angoli dell'arena.

Sfide che hanno saputo entusiasmare il pubblico, ricreando l'atmosfera western che si è abituati a vedere nel film.

Ciliegina sulla torta, dalle 20 fino a mezzanotte, un grande saloon con birre artigianali, mercatino vintage e Line Dance, il tipico ballo country che conta molti appassionati anche in Italia.

Il Salone del Cavallo Arabo, una razza fra le più antiche e nobili al mondo. Animali che hanno incantato il pubblico con le loro evoluzioni e dimostrazioni di Dressage e volteggi, oltre alla possibilità di assistere a competizioni internazionali come il Campionato Europeo di morfologia ECAHO ed il IV Gran Premio Fieracavalli.

Il Salone del Cavallo Iberico e Frisone e naturalmente il Salone delle Razze italiane/Italialleva.

Molti gli eventi in programma, che sicuramente hanno fatto avvicinare molte persone a questo mondo, considerato "d'elite" ma che invece negli ultimi anni si è aperto ad un pubblico più ampio.

Inoltre presso il Palaexpo di Veronafiere, si è tenuta la prima edizione del Salone della Ruralità e del Turismo Rurale, il primo evento in Italia dedicato al turismo e allo stile di vita rurale. Una passeggiata alla scoperta del turismo agreste, con i suoi sapori e tipicità.

 

La Fiera cavallli è un appuntamento da non perdere, per le emozioni che sa dare, una vera festa per tutti.

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Grande successo, al Teatro Ristori con il concerto n. 1354 e la presenza di due grandi musiciste: Francesca Dego al violino e Francesca Leonardi al pianoforte. Giovanissime ma già con una carriera alle spalle, da far invidia a qualsiasi artista, queste due giovani concertiste sono conosciute a livello mondiale e considerate fra le migliori interpreti italiane di oggi.

Per Verona hanno eseguito tre sonate di Ludwig van Beethoven ed il pubblico presente non ha risparmiato gli applausi. Una performance impeccabile dal punto di vista tecnico, tanto che chi ascoltava è rimasto ipnotizzato dalla simbiosi che si è creata sul palco fra le due artiste.

In coda alle celebri sonate di Beethoven è stato eseguito un brano, commissionato dalle Società Amici della Musica di Verona e Padova, del compositore Alberto Schiavo. Difficile tenere il confronto con il grande maestro che l’ha preceduto ma il suo “e d’ego l’adorni”, proprio in omaggio a Beethoven, è stata una stupenda sorpresa.

Una dolcissima melodia composta con soli tre accordi LVBche corrispondono alle iniziali del nome completo di Ludwig Van Beethoven. Inoltre Schiavo ha tenuto a sottolineare che si è trattato di un triplice omaggio: “a Beethoven ma anche alle due meravigliose interpreti (Dego e Leonardi). Il titolo, infatti, "E d'ego l'adorni" è un anagramma dei due cognomi delle musiciste ed è un riferimento a Beethoven, il cui spirito (derivato dalla precedente esecuzione delle sue sonate durante il concerto) ancora aleggia nella sala durante l'esecuzione del mio brano investendo le interpreti (e con loro tutto il pubblico) adornandoci con la sua personalità...e d'ego l'adorni...appunto”.

In chiusura del concerto le due artiste hanno regalato al pubblico due brevi fuori programma: la n.6 delle danze tedesche di Beethoven e la n.2 bagatella di Ferruccio Busoni.

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Si è svolto a Verona il secondo appuntamento del ciclo delle Conferenze di Castelvecchio, ormai appuntamento consolidato per gli appassionati d'arte veronesi.

Ogni anno vengono proposti a scadenza mensile degli incontri con esperti d’arte, che illustrano gli esiti di nuovi studi, mostre in corso o in programma, figure di grandi artisti, storici, critici e collezionisti d'arte.

Il Prof. Guido Beltramini, direttore del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, ha illustrato, con estrema chiarezza, ciò che si auspica essere una grande mostra in programma alle Gallerie dell'Accademia di Venezia, che racconterà a partire da marzo 2016, come il libro cambiò il mondo. Tutto questo attraverso la figura di Aldo Manuzio.

Una mostra che non vuol essere documentaria ponendosi come obbiettivo, quello di raccontare una storia in un determinato contesto sociale e culturale, attraverso il dialogo tra dipinti, sculture, libri, oggettistica ed architettura.

A fare da ponte tra Verona e Venezia, è la mostra in corso a Castelvecchio: “Aldo Manuzio e l'Hypnerotomachia Poliphii" di Francesco Colonna / 1499, aperta fino al 31 gennaio 2016, con il libro considerato "il più bello di tutto il Rinascimento".

Il prossimo appuntamento con le conferenze di Castelvecchio sarà il 15 dicembre con il tema "Il Museo Archeologico al Teatro romano di Verona: storia e recente riqualificazione", con l'intervento di Margherita Bolla, della Direzione Musei d'Arte Monumenti Comune di Verona.

 Un'ora al mese per scoprire quanto il mondo dell'arte ci offre.

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“I migliori dipinti sono tocchi di colore l’uno vicino all’altro”.

Con questa frase di Vincent Van Gogh è possibile avere un’anteprima di ciò che è la mostra alla Gran Guardia di Verona “Seurat, Van Gogh, Mondrian. Il post – impressionismo in Europa” che rimarrà aperta ai visitatori fino al 13 marzo 2016.

“Migliori”. Sono le opere esposte e che fanno parte della collezione del Kröller Müller Museum di Otterlo. La fondatrice Helene Kröller Müller decise infatti di collezionare solo quelle opere che, secondo lei, potevano superare la prova del tempo e attestare l’evoluzione dell’arte moderna intesa come un insieme unitario. Non solo artisti famosi perciò, ma anche meno noti che hanno però in comune l’alto livello qualitativo.

“Dipinti”. Mentre negli ultimi anni dell’Ottocento sboccia la fotografia, l’estro della pittura diventa ben diverso e decade l’idea dell’arte come perfetto naturalismo. La pittura deve cercare un’altra specificità.

“Colore”. Il filo conduttore della mostra è l’appassionante ricerca di un colore emozionante, concepito e steso sulla tela partendo da un atteggiamento nuovo nei riguardi dell’immagine, della luce, della visione; una straordinaria combinazione tra scienza, passione ed espressione, che offre una rinnovata vitalità a temi tradizionali e si rivela il mezzo espressivo più immediato per entrare nella modernità.

“Tocchi uno vicino all’altro” . La mostra presenta le conseguenze internazionali della tecnica introdotta da Seurat: il puntillisme. Una composizione divisa del colore che non è steso sulla tela in maniera uniforme e tradizionale, bensì ottenuto tramite puntini o trattini di molti colori diversi, che danno all’occhio una percezione diversa della realtà.

“Vincent Van Gogh” . Il cuore della mostra, con otto dipinti e due disegni, tutti risalenti al periodo trascorso in Francia, mette in evidenza come Van Gogh abbia rovesciato le regole tradizionali della pittura per conferirle una nuova energia.

Un consiglio per visitare la mostra direttamente dal curatore Stefano Zuffi:

“Non girate agli incroci, andate sempre dritti perché prima o poi attraverserete tutte le stanze e rimarrete incantati”.

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